L’Isola di Giannutri è la più piccola isola dell’arcipelago toscano, superiore solo alle Formiche di Grosseto che non sono nemmeno isole ma scogli, e sorgono più a nord, a sette od otto miglia dalla foce dell’Ombrone. Per visitare l’Isola di Giannutri, basta davvero poco tempo con la sua superficie di 2,62 chilometri quadrati. La più lunga passeggiata che potrete fare a Giannutri percorrendola tutta da nord a sud, non supera i due chilometri e mezzo; la maggiore larghezza, da ovest a est, è di 900 metri: ha al centro un poggio di 88 metri di altezza. Per bere bisogna contare molto sull’acqua piovana e sulle bottiglie di minerale d’estate. Ma non è accaduto mai che siano venute meno le riserve. L’Isola di Giannutri dista dodici miglia (circa 21 chilometri) da Porto Ercole, sull’Argentario, che rappresenta anche la base di partenza più facile per l’escursione; ha forma di tenaglia con le mandibole rivolte a est, verso il continente. È un pezzo di terra in mezzo al mare, ma è un pezzo di terra privato. Dipende amministrativamente dal comune del Giglio, che nel 1930 realizzò forse il peggiore affare della sua storia dandola in enfiteusi perpetua al principe Ruffo Scaletta di Roma, che a sua volta l’ha affittata a privati, interessati all’Isola di Giannutri per i più vari motivi.
In precedenza – dal 1882 al 1922 – vi aveva dimorato il capitano Gualtiero Adami, che con assidua fatica ne mise a cultura una parte. In seguito si sono succedute molte iniziative ma senza apprezzabili risultati. Fra le ragioni che possono spingere ad attraversare il braccio di mare per metter piede all’Isola di Giannutri, vi è la villa romana del primo secolo. La villa apparteneva alla famiglia dei Domizi Enobarbi, e mantiene vivo un suo grande decoro, un’eleganza e una civiltà che commuovono. Vi sono vialetti lastricati in minutissimo mosaico, terme e granai sotterranei, un mosaico di delfini neri, il mosaico di un labirinto. E su punta Scaletta, stampate contro il ciclo e contro il mare, tre colonne perfette, con capitelli delicatissimi, il vestibolo, un’imponente gradinata per accedervi. Per raggiungere l’Isola di Giannutri non vi sono servizi regolari. La maniera più ovvia è di andarci col proprio yacht qualora se ne possegga uno. Altrimenti si può affittare un gozzo a motore a Porto Ercole, capace abbastanza per trasportare una comitiva; vi costerà venticinquemila lire al giorno. Barche più piccole non prendetele, perché le dodici miglia di mare sono spesso turbolente. C’è anche la possibilità, da Porto Ercole come da Porto Santo Stefano, di noleggiare un peschereccio per una giornata, vi costerà da cinquanta a centomila lire, ma naturalmente potranno prendervi posto una trentina di persone. Semmai, prima di pattuire il viaggio informatevi se la barca è autorizzata al trasporto di persone, molti tirano a campare e compiono questi viaggi di frodo. Le autorità portuali , tuttavia, sono però particolarmente vigili. Adesso una breve parentesi dedicata a chi ha un battello proprio, e a Giannutri arriva in veste di “comandante”. Per l’approdo si può scegliere fra Cala Maestra e Cala dello Spalmatolo, che assomiglia a un piccolo fiordo. La Cala Maestra è aperta ai venti e al mare del quarto quadrante, cioè maestrale e ponente e fondali possibili per l’ancoraggio si trovano solo accettando di avvicinarsi molto alla spiaggetta. Nel disporsi all’ormeggio, occorre anche preoccuparsi di non infrangere una recente disposizione provocata dal Centro sperimentale di archeologia sottomarina, secondo la quale è fatto divieto di sosta in un raggio di duecento metri da punta Scaletta. La ragione è che hanno trovato il relitto di una nave romana, e la limitazione intende impedire i furti subacquei dei cacciatori di souvenirs. Punta Scaletta è assai prossima alla Cala Maestra, quindi non protestate se qualcuno, l’estate prossima, vi verrà a dire che vige ancora il divieto di ormeggio. Riprenderete il mare e tranquillamente aggirerete l’ostacolo e l’isola, affacciandovi al lato est, che è fatto a mezzaluna. Muovendovi da Cala Maestra e procedendo per dritta, avrete trovato Punta Secca e dopo, la scogliera che cadeva a tratti dolcemente in mare, si sarà fatta più aspra.
Superata Cala dello Scoglio, una rientranza inospitale e con macigni carichi di gabbiani, sfiorerete punta San Francesco, per entrare nel golfo degli Spalmato!. Dirigerete ancora sulla dritta sino in fondo: vedrete una spiaggetta sassosa, con il rudere di una fornace. Vi sono buoni fondali fino a una ventina di metri da terra. Si può stare su un’ancora e dare una “cima” a terra per un ormeggio sicuro. È difficile che vi sia risacca là in fondo, di solito il “fiordo” ha le acque calme di un lago, perché è orientato verso est. Può dar noia lo scirocco, ma si è riparati dal libeccio e meglio dal ponente e dalle maestralate che nelle tarde mattinate e nei primi meriggi estivi battono questo tratto di mare con viva baldanza.
Se siete in orario adatto, e la barca lo consente, è consigliabile passare la notte all’ormeggio. È un’esperienza ineguagliabile di pace e di serenità. Se avete una rete pescate pure, nel golfo: si prende sempre qualcosa per il fritto del mezzodì.
Continuando a costeggiare ancora e dopo aver lasciato il sicuro ormeggio degli Spalmatoi, si incontra Cala dello Schiavo, quindi Cala Volodinotte e infine punta del Calettino, dove è proibita la sosta di qualsiasi natante per le stesse “ragioni archeologiche” valide per Punta Scaletta. Ancora un pò avanti e siete ai Grottoni, la parte sud dell’isola, alta e frastagliata: l’edificio del faro è incombente.