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Il Duomo di Siena

 II Duomo di Siena costituisce, se non la più completa, la più alta sintesi della civiltà artistica senese. E questo non tanto perché ogni secolo vi abbia lasciato una sua impronta, quanto perché esso fu il teatro, l’ambiente dove si svolsero i principali eventi che quella civiltà illustrarono. Anche se oggi non tutte le opere d’arte create nel corso di oltre cinque secoli vi si conservano, e alcune (fortunatamente poche) sono andate perdute o furono trasferite altrove, sta il fatto che per il Duomo di Siena lavorarono i massimi artisti senesi.

Anche nel campo delle arti minori i senesi, per il loro Duomo di Siena, ricercarono quanto di meglio potesse trovarsi : a esempio, nonostante la splendida fioritura di una scuola miniaturistica locale, nella seconda metà del Quattrocento furono chiamati a alluminare i libri corali del Duomo di Siena i due più famosi miniatori dell’Italia settentrionale, Liberale da Verona e Girolamo da Cremona.

Tuttavia, le vicende costruttive del Duomo di Siena non furono pacifiche, anzi, si svolsero in mezzo a difficoltà di ogni genere, con interruzioni, pentimenti e mutamenti di programma non sempre imputabili a strettezze finanziarie, a calamità civiche o ad altre cause esterne.


Si presume che la costruzione del Duomo di Siena abbia avuto inizio, su di un altopiano che si estendeva in adiacenza a uno dei primitivi nuclei urbani di Siena e dove sorgeva, con diverso orientamento, una più antica chiesa, durante la seconda metà del XII secolo.
Da recenti saggi e ricerche è risultato che la primitiva pianta del Duomo di Siena non terminava con una serie di cappelle absidate disposte a raggio intorno alla cupola, come si era ritenuto fino a poco tempo fa: era bensì a croce latina, col transetto modicamente sporgente in corrispondenza della cupola e con un coro rettangolare che si estendeva al di là di questa per la lunghezza di due campate.

Anche il rivestimento marmoreo a fasce orizzontali alterne bianche e nere dell’interno si ricollegava all’uso delle decorazioni bicromiche del romanico toscano e assumeva, altresì, un significato simbolico, in quanto rifletteva i colori della “balzana”, cioè dello stemma di Siena.

Quasi vent’anni dopo la costruzione, si cominciò a pensare a una nuova e sontuosa facciata, in sostituzione di quella, assai semplice, eretta in un primo tempo, affidandola a Giovanni, figlio di Nicola Pisano. Nel 1287 il Comune stabiliva che il grande oculo circolare della parete terminale del coro venisse munito di una vetrata, vetrata che fu poi eseguita l’anno seguente su cartoni di Duccio di Buoninsegna.

Tutto questo fervore nel dotare il Duomo di una suppellettile liturgica e ornamentale del più alto pregio culminò nell’assegnazione a Duccio di Buoninsegna della tavola per l’aitar maggiore, la celeberrima “Maestà”, che l’artista iniziò nel 1308 e compì nel 1311. Qualche anno dopo, nel 1317, stando alle testimonianze di cronisti del tempo si diede inizio a un ingrandimento del Duomo dalla parte del coro, dove si creò la pieve di San Giovanni, o Battistero, le cui volte venivano serrate nel 1325: e sopra la nuova chiesa già si cominciavano a levare le muraglie che avrebbero consentito un prolungamento del coro sovrastante quando i senesi, un po’ per corrispondere alle esigenze dell’aumentata popolazione, un po’ mossi dal desiderio di emulare la rivale Firenze che proprio in quel torno di tempo aveva condotto a buon punto l’immensa mole di Santa Maria del Fiore, concepirono un nuovo, arditissimo disegno.

Il 23 agosto 1339 il Gran Consiglio della Campana deliberava e sanciva un ulteriore ampliamento della cattedrale, ottenuto creando un corpo longitudinale a tre navate che venisse a inserirsi perpendicolarmente sul fianco sud-est della chiesa già costruita. In tal modo il vecchio Duomo avrebbe costituito il transetto di quello nuovo, la cui abside si sarebbe spinta oltre la cupola verso ovest.

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